Continuano gli approfondimenti della comunità ribelle dell’Agro Caleno inseriti nella campagna #stessatempestabarchediverse. Dopo il contributo di Paco su scuola e digital divide oggi pubblichiamo un contributo di Pietro e Fabiola, attivisti nelle lotte ambientali in Terra di Lavoro. Mettono al centro del dibattito un tema troppo poco discusso ma dal forte valore politico ed umano, un punto di vista non solo da membri attivi della nostra comunità ma soprattutto da genitori. Buona lettura.
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La pandemia da Covid 19, che ha scatenato una crisi non solo sanitaria, ma anche economica e sociale, è il detonatore che sta portando allo scoperto e facendo esplodere contraddizioni a lungo offuscate o tenute ai margini della discussione politica. Una di queste problematiche, a lungo sopite, è senza dubbio la disabilità. In Italia le stime ISTAT raccontano di circa 3,1 milioni di vite ai margini, abbracciando ovviamente uno spettro vastissimo di condizioni patologiche permanenti (sia fisiche che psichiche). In termini percentuali parliamo di circa il 5,2% della popolazione nazionale.
La narrazione ufficiale sulla disabilità si limita a celebrare in modo qualunquistico e retorico la diversità come ricchezza, così mettendo tra parentesi quella che dovrebbe essere una seria analisi delle cause e degli apparati di tutela (spesso insufficienti, quando non del tutto inesistenti). Legislazioni spesso frammentarie e caotiche, burocrazia ipertrofica, assenza o inefficienza di un’adeguata rete assistenziale minano una condizione già di per sé precaria, fatta di isolamento sociale, difficoltà economiche, menomazione degli aspetti relazionali della vita.
La pandemia ha solo accentuato quella che è la condizione di “distanziamento sociale”, costante della vita di un disabile, rendendo ancora più evidente come il concetto di disabilità sia inestricabilmente correlato a quello di produttività. Una persona disabile, nella maggior parte dei casi, è vista, nella società capitalistica, come una risorsa improduttiva o, nella migliore delle ipotesi, con una ridotta capacità a produrre reddito e ricchezza (a beneficio di altri, naturalmente), in qualche caso anche come un costo per l’assistenza sanitaria. Ma le ripercussioni della condizione di disabilità sono quasi sempre devastanti anche per le famiglie, che si trovano a fronteggiare barriere insormontabili fatte di emarginazione, di difficoltà nella gestione della vita quotidiana, rinunce, sacrifici. Ci si trova spesso alle prese con situazioni di indigenza estrema, rispetto alle quali gli ammortizzatori sociali o i benefici di legge rappresentano solo palliativi o forme di assistenzialismo inadeguati.
La precarietà di questa condizione rende tutto più complesso, rende la vita della persone una continua lotta per la sopravvivenza, lotta di David contro un Golia fatto di burocrazia, ASL, INPS, scuola , centri di riabilitazione e una società che tollera la disabilità a patto di considerarla come un accidente, un male tutto sommato socialmente accettabile nella misura in cui non mette in discussione i suoi meccanismi di accumulazione del profitto, quando non diventa tout court occasione di lucro.
Ciò di cui bisogna liberarsi è la rassicurante e idilliaca concezione della disabilità come condizione eccentrica, da ricondurre nei confini della normalità sociale attraverso forme di integrazione, che, alla prova del nove, si rivelano fallimentari. I disabili e le loro famiglie formano un nuovo sottoproletariato nel sottoproletariato, la cui marginalità sociale rappresenta la parabola di tutte le contraddizioni della società moderna.
Gli scenari apocalittici aperti dal Covid 19 rendono ancora più evidente l’abisso che separa il disabile dalla società civile, l’inettitudine del sistema a creare reali forme di inclusione e supporto, ma soprattutto rendono evidenti le contiguità e correlazioni della disabilità con gli ambiti della politica, della sanità, dell’ecologia. È questa la piattaforma da cui partire per decostruire la retorica ufficiale sulla disabilità, che non ha bisogno di compassione, pietismo e assistenzialismo, ma di misure e interventi concreti che contribuiscano alla rimozione ed al superamento di quelle barrierre (economiche, sociali, culturali) che damarcano il confine tra vite di serie A e vite di serie B.