Il lungo sciopero sociale dell’Agro Caleno

La giornata del 18 ottobre è stata la giornata conclusiva di una settimana all’insegna dello Sciopero sociale e di una riscossa di dignità nell’Agro Caleno, caratterizzata da iniziative e vittorie per gli operai della Nuroll dove, seppure i licenziamenti non sono stati ancora scongiurati, i rapporti di forza tra lavoratori e padroni escono sicuramente mutati, a favore dei primi naturalmente. Con l’avvicinarsi dello scadere del tempo per i 25 operai destinati al licenziamento, la battaglia inizia ad accelerare, andando a rompere quegli schemi di chiacchiere e tavoli inscenati da istituzioni e sindacati confederali che allungano il brodo senza aggiungere nulla di sostanzioso alla vertenza.

È da mercoledì, data dell’incontro tra vertici dell’azienda ed RSU nella sede di Confindustria a Caserta, che si è alzata la tensione. La direzione non è stata disposta assolutamente a trattare, l’unica condizione che ha dettato quel giorno è stata quella della mobilità per tutti, e un prossimo incontro tampone il 27 novembre.

Ovviamente gli operai non hanno accettato per nulla una simile condizione e, bloccando immediatamente via Roma nodo centrale della viabilità casertana, hanno rilanciando con lo sciopero ad oltranza.

È iniziato così lo sciopero degli operai ogni quattro ore che ha bloccato di fatto la produzione e recato danni all’azienda, uno sciopero che ha visto tutti uscire compatti nelle ore prestabilite in assemblea. Così, dopo il terzo giorno di blocchi, è arrivata la risposta del direttore, il quale, di fronte al rialzare la testa da parte degli operai, decide di mettere tutti in “libertà”, facendo ricorso alla consueta arroganza cieca con l’obiettivo di stroncare lo sciopero.

È stato qui che la rabbia degli operai, sostenuti sin dal primo momento da una rete di solidarietà attiva e militante, approfittando della congiunta presenza all’interno della fabbrica della direzione turca e di quella italiana, è esplosa ed il blocco della produzione si è trasformato in blocco dei cancelli, dando vita ad un picchetto protrattosi per tutta la notte.

Gli operai, al grido di “nessuno entra e nessuno esce”, “l’operaio paura non ne ha” hanno resistito ben diciassette ore davanti ai cancelli, costringendo la direzione turca e italiana a restare all’interno della fabbrica e la squadra d’emergenza, garante del funzionamento minimo della produzione, a non entrare.

Una lunga notte tra cori e qualche tentativo di mediazione fasulla respinte a gran voce, mentre continuavano ad arrivare altri operai e solidali e iniziavano a giungere sempre più volanti tra polizia e carabinieri, finanche blindati inviati dalla questura di Caserta, dopo le pressioni della direzione e la richiesta, giunta pare direttamente dall’ambasciata turca, di militarizzare il presidio.

Di fronte a tutto ciò, gli operai hanno rilanciato con un ultimatum, promettendo di non spostarsi neanche di un centimetro dai cancelli senza risultati da portare a casa. E il risultato finalmente arriva: verso le 11 di mattina, viene comunicata la decisione del direttore di rimuovere la “messa in libertà” per gli operai e di garantire la cassa integrazione per tutti, anziché la mobilità prevista.

Così gli operai ,stanchi ma orgogliosi del primo tassello conquistato con una notte non semplice alle spalle, smontano il picchetto e corrono ad organizzare le ultime cose per la mobilitazione del giorno dopo, facendo uscire (per il momento) i padroni dallo stabile.

In questo piccolo ma significativo percorso di dignità, che segna un passaggio determinante per le prospettive di lotta per il reddito e la dignità in questo sperduto angolo della provincia di Caserta, è bene evidenziare il ruolo dei sindacati confederali che, in ogni assemblea dei lavoratori, come da consuetudine ormai storica, hanno cercato di entrare a gamba tesa per smorzare i toni di una protesta sacrosanta avvenuta in risposta a ripetuti atti di arroganza, culminati con il licenziamento in tronco di venticinque persone (a testimonianza del superamento completo della vicenda art.18) ricevendo solo indifferenza e fischi. Fosse stato per loro, lo sciopero non doveva neanche cominciare, pronti a giocare al ribasso, a diffondere sfiducia e a pacificare le richieste.

Il corteo di oggi (sabato 18 ottobre), è divenuto così il compimento naturale di una settimana di blocchi e di sciopero, il nostro Sciopero sociale, partito martedì a Caserta e continuato il 16 ottobre a colpi di picchetti con i padroni asserragliati in fabbrica!

Oggi il corteo “dalle fabbriche al territorio” è partito dal centro di Pignataro Maggiore per giungere alla Casilina, percorrendola da un bivio all’altro e provocando un lungo stop al traffico, con la ripromessa di bloccare di nuovo tutto ogni qual volta la situazione lo dovesse richiedere, per rilanciare con fermezza percorsi di lotta e di dignità nell’ottica di sollevare con sempre maggiore vigore la necessità di riappropriarsi della produzione, di sconfiggere la speculazione che inquina e devasta, per distribuire ricchezza anziché morte e sottrarsi ai continui ricatti di una controparte di sciacalli in giacca e cravatta.

c.s.o.a. Tempo Rosso

Spazio CALeS