Agro caleno in lotta: in migliaia contro la Centrale a Biomasse di Calvi (CE). Occupata la statale Casilina.

Un fiume in piena quello che questa mattina ha travolto le strade del Comune di Calvi Risorta contro la realizzazione di una Centrale a Biomasse, ennesimo ecomostro che minerebbe alla salute e ai territori dell’Agro Caleno.

Migliaia di persone hanno espresso la loro opposizione al progetto, una componente eterogenea, multiforme e determinata che ha voluto lanciare un forte messaggio all’amministrazione locale ed alle Istituzioni in termini di riappropriazione e di difesa dei territori finiti per decenni nelle mani di chi ne ha tratto profitto a discapito di intere comunità. Non solo uomini e donne dell’agro caleno, ma comitati per l’ambiente provenienti da tutta la Campania, bambini accompagnati dalle proprie maestre o dai propri genitori, studenti che a piedi o in bus hanno raggiunto, dai paesi limitrofi, il comune di Calvi, il Comitato delle mamme Calene, dei Papà Caleni, oltre alle tante realtà e movimenti territoriali che si oppongono da decenni a questa devastante situazione.

Non una sterile sfilata ma la possibilità di portare in strada le soggettività che in tempi di crisi devono fare i conti con tumori, devastazioni ambientali oltre che lavorative ed in termini di vivibilità. Tra le tante realtà, difatti, anche una delegazione dei lavoratori della Nuroll, fabbrica sul comune di Pignataro Maggiore, si è riconosciuta nelle parole d’ordine della manifestazione ed è venuta in piazza per far conoscere la situazione precaria in cui versano in seguito alle  minacce di 30 esuberi e la cassa integrazione per 70 unità.

Lungo il corteo, un gruppo di manifestanti ha lasciato fuori il Comune di Calvi un urna elettorale con la scritta: “Centrale a Biomasse: il nostro voto non sta nell’urna elettorale ma nella mobilitazione popolare” e un finto cinquantone come provocazione ai politici locali che sponsorizzano la centrale e che ancora promettono posti di lavoro,  con su scritto: “con i 50 euro comprate consenso noi con la rabbia vi diamo dissenso!”.

Il corteo, lasciatosi alle spalle il centro del paese, si è poi portato lungo la strada statale Casilina, trasformandosi in un vero e proprio blocco stradale con l’obiettivo di mostrare che la forza delle popolazioni sta nella capacità di incidere in maniera collettiva e decisa, rivendicando quindi le richieste sinora inascoltate.

In seguito, il corteo si è poi mosso lungo la statale per raggiungere l’altra entrata del paese caleno, comportando disagi per il traffico, mandandolo in tilt, dato che tale arteria collega i paesi dell’alto casertano alle altre regioni e alle principali uscite autostradali.

Un ottimo risultato che rientra nelle possibilità di creare e portare in strada la sollevazione di popolazioni ormai sature dei molteplici attacchi che subiscono quotidianamente, in zone periferiche come questa, dove lobby affaristiche e  capitalismo armato hanno operato nella piena legalità rendendo illegali tutte le legittime forme di dissenso che le popolazioni esprimono; oggi più che mai gli occhi delle comunità sono puntati su di loro, sulla vuota legalità, sulle istituzioni che hanno sempre chiuso gli occhi svuotandosi definitivamente,  a cui non verrà dato alcuno spazio di agibilità  per continuare a devastare i nostri territori.

Di sicuro, il corteo di oggi rappresenta un punto di passaggio che ci vede in strada già da tempo, con i presidii fuori la  Ex Calce Idrata di Sparanise, zona sequestrata a causa di rifiuti tossici  interrati, e fuori la Ex Pozzi tra Sparanise e Calvi, fabbrica individuata per la costruzione della centrale e che rappresenta una bomba nociva a causa di sversamenti abusivi, liquami e roghi spontanei e dolosi.

 Il nostro messaggio è chiaro  ed è quello di fornire una cassetta dei saperi da condividere tra le popolazioni, dal basso, per far sì che ci si difenda da chi vorrebbe continuare a provocare tumori e morti, segnale dimostrato anche con la consegna di una busta simbolica ai manifestanti, durante il blocco stradale, come necessità di opporsi alla centrale anche attraverso la socializzazione dei saperi  e le inchieste autoprodotte, per difenderci da chi ci vorrebbe silenti e soprattutto accondiscendenti alle macchine sforna- tumori e a queste condizioni di vita.

Forti del risultato raggiunto, non ci accontentiamo e lì dove i poteri forti vorrebbero continuare ad imporci la geografia del danno noi anteponiamo quella della sollevazione, fatta da uomini e donne che continueranno con la lotta a riappropriarsi di ciò di cui, per troppo tempo, sono state espropriate.

È solo l’inizio:

le comunità difendono le comunità.

C.S.O.A. Tempo Rosso

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