Terra di Lavoro antagonista, autonoma e ribelle! Appello per un movimento di riconquista dei bisogni di parte.

fornikaPartiamo da un assunto, la provincia di Caserta è ormai indiscutibilmente e innegabilmente ganglio dell’accumulo e della riproduzione del capitale, dal piano della messa a profitto dei territorio fino alla precarizzazione continua e violenta delle nostre vite. Sia chiaro, non diciamo né vogliamo dire nulla di nuovo, ma riteniamo che a fronte del tempo e dello spazio della crisi, si rendano sempre più necessarie forme e pratiche di confronto e di cooperazione all’interno dei movimenti, ma soprattutto nelle comunità stesse.

Come soggettività che da circa un quindicennio attraversa la provincia di Caserta, siamo interni a processi di contrapposizione alla messa a profitto dei territori, di emancipazione, di lotte e creazione di contropotere contro crisi e precarietà, ma non basta, nè a noi in quanto soggettività politica, nè alle comunità della provincia, ancora troppo disgregate, troppo confuse, ancora illuse dalla speranza del cambiamento “da dentro” il sistema.

Non nascondiamo, d’altro canto che la rete di relazioni sociali, di cooperazione, di legittimità del contropotere in alcune zone della provincia, abbiano raggiunto livelli non trascurabili e ai quali lavoriamo quotidianamente per ampliarli, generalizzarli, renderli canali di ricomposizione sociale, ma non basta.

Troppo ancora da fare, troppo poco quello che in tutto il territorio si muove e crea contrapposizione. Insomma se da un lato il lavoro dei movimenti in determinate zone ha prodotto avanzamenti, è altrettanto vero che complessivamente lo scenario che ci consegna la nostra provincia è ancora ben lungi dal poter innescare fenomeni che sappiano creare punti di rottura, nel cui solco possano darsi, evolversi e fortificarsi esperienze di contropotere.

E’ necessario spingere verso moti di ricomposizione sociale, di soggettivazione, i quali, senza girarci troppo intorno, si danno e crescono solo ed esclusivamente con e nelle lotte; non ci basta né perseguiamo, la sommatoria delle soggettività o dei ceti politici, sarebbe un errore e riteniamo che il nostro lavoro vada valorizzato in altre direzioni e non in un melting pot di esperienze a volte inconciliabili.

Né crediamo nella forza risolutrice di piattaforme o “elenchi della spesa”, che tacciano di presunzione o addirittura imbrigliano le pulsioni conflittuali, non ci basta.

Serve, ora più che mai, la consapevolezza che solo attraverso le lotte, solo attraverso l’organizzazione-contro, solo attraverso la composizione di contrapposizione capace di dare e darsi dei punti di rottura, si possa cominciare ad ipotizzare, problematizzare e immaginarci una Terra di Lavoro antagonista, autonoma e ribelle.

Ci preme, inoltre, porre l’accento sulla declinazione che diamo e che vogliamo dare a concetti come “comune”, “nuove istituzioni”, frequenti nel nostro linguaggio, sui quali vogliamo dare un’indicazione chiara e completa su cosa possono e anzi devono significare qui a Caserta, nel tempo e negli spazi della crisi. Non per velleità o smanie intellettualoidi, ma per evitare confusione, per non cadere nel calderone qualunquista e impreciso, quando non in mala fede, del “bene comune”. Il “bene comune”, o meglio ancora “il comune”, la “nuova istituzione”, si dà quando esiste una lotta per affermarlo, quando cioè ci si pone immediatamente su di un piano di contrapposizione, conflittuale, che sappia creare punti di rottura dai quali possano iniziare a tracciarsi solchi per la costruzione di alternativa. Il comune-nuova istituzione , nasce da una rottura, da una pratica oppositiva, radicale e senza mediazioni. Questa nuova istituzione si dà quando quelle vecchie (e

borghesi) vengono esautorate, o a volte si auto-esautorano, quando si spogliano o vengono spogliate delle proprie prerogative fondanti e fondamentali, per questo motivo più che parlare di “riappropriazione del comune” riteniamo che sia più giusto parlare di “fondazione/creazione del comune”, senza dover o voler salvare nulla dall’esperienza istituzionale/politica. È in questo caso che possiamo parlare di una “nuova istituzione”, che soppianta, sradica, annienta e svilisce quella preesistente, fondandosi su basi certamente di rottura, e che prendano respiro attraverso forme di cooperazione sociale, di mutualismo, di creazione di contropotere. Da non confondere con tentativi più o meno riusciti (e sui quali si può discutere sull’efficacia o meno) di imposizione di tracce, indirizzi, proposte alle istituzioni; non che sia un piano che non ci interessa e che scartiamo a priori – le lotte dell’agrocaleno lo insegnano- ma riteniamo che la fase ci imponga una presa di posizione politica che sappia, dare un punto di vista, ma soprattutto che sappia incidere sul reale in autonomia e con conflittualità, senza mediazioni o ipotesi “dal di dentro”, per ribaltare lo stato di cose attuali. L’obiettivo del nostro appello è quello di intraprendere, in provincia, percorsi necessari che portino alla costruzione dal basso di rapporti di forza che siano realmente antagonisti rispetto a forme egemoniche; multipli e molteplici i campi dai quali partire per conricercare e, più che volerne dare una gerarchia (la quale riteniamo sia inadeguata), ci preme che i percorsi si diano in vera autonomia, in base ai bisogni, alle lotte, alle contraddizioni e alle ambivalenze di questo nostro territorio. È proprio in risposta ai bisogni che pensiamo si possano dare moti ricompositivi, non di certo con la semplice creazione di piattaforme, che anzi finiscono spesso per sgonfiare in partenza eventuali pulsioni. Partiamo dalle lotte, quelle che già ci sono, quelle che sono nell’aria e quelle che vogliamo costruire, con una certezza, forse l’unica: senza i conflitti, senza le lotte, senza la capacità di imporre dal basso, di piegare ai bisogni delle comunità, non si va da nessuna parte, questo lo spartiacque che ci sentiamo di tracciare e precede qualsiasi tentativo di mettere in cammino soggettività differenziate. Le basi sulle quali innestare ipotesi e proposte non mancano, dalle lotte contro la messa a profitto dei territori come contro il gassificatore di Capua, la centrale turbogas di Presenzano, lo Uttaro, la prossima crisi rifiuti che in alcuni paesi come Vitulazio è gia riesplosa con forza, il biocidio, fino alle conseguenze della crisi e dell’austerity sulla pelle delle comunità casertane, con disoccupazione, precarietà diffusa, aziende che continuano a fallire e chiudere quasi con un effetto domino. Insomma sappiamo bene che di contraddizioni, di punti di attacco del capitale, di sfruttamento e di oppressione, non ne mancano, sta a noi riuscire a tracciare, costruire e rendere forti percorsi di contrapposizione e di emancipazione. Detti percorsi si costruiscono con la pratica quotidiana e capillare sui territori, in autonomia, senza mediazioni, stimolando e consolidando la cooperazione sociale, il mutualismo, la capacità di creare legami saldi all’interno delle comunità. Proprio le comunità restano a nostro avviso il campo da inchiestare, all’interno delle quali nascono e si sviluppano percorsi di cooperazione e mutualismo, esperimenti già vivi, ma che riteniamo essenziale allargare sui territori, spingendo oltre, verso la creazione di nuove istituzioni.

Diciamo questo perché la crisi ci offre e si presenta con un quadro destabilizzato/ante, sia per gli assetti della politica e delle governance sul territorio, sia per gli effetti dell’impoverimento e della rapina ai danni degli strati sociali, fattori che riscontriamo in modo generalizzato, ma che qui nelle zone periferiche del sud, rese precarie prima ancora della precarietà, si danno con maggior forza e arroganza sulla pelle di chi le vive,siano essi precari, disoccupati, lavoratori o studenti. Ed è proprio nel tempo e nello spazio della crisi che ci si deve concentrare sulla soddisfazione dei bisogni ed aprire alla prospettiva della costruzione e ideazione in divenire di percorsi di soggettivazione e ricomposizione sociale: presupposti fondamentali di un organigramma di contropotere che dia legittimità decisionale alle lotte e ai movimenti. Un movimento per la

riconquista dei bisogni di parte! Solo la riappropriazione antagonista di case, servizi, spazi e tempi di socialità e di vita, siano essi da conquistare nelle città, nelle scuole, nelle università, nei territori, può dare la risposta ad una rottura che si fa tendenza, ad un essere soggettività- contro, massificata, che esige reddito. Ciò, inoltre, vuol dire non perdere mai di vista l’orizzonte di una ricomposizione di classe, come eterogeneità dell’intero spettro nel mondo del lavoro vivo, materiale e immateriale, cognitivo e operaio, sempre più accomunato nella sua diversità e frammentazione dall’assenza di diritti e garanzie collettive. Solo con in mente questo scenario di riappropriazione permanente e sedimentazione soggettiva possiamo formulare una ridistribuzione monetaria della ricchezza collettivamente prodotta, un reddito diretto e incondizionato che non diventi strumento di innovazione sistemica, ma che sappia essere veicolo e incubatrice di lotte e riappropriazioni. Lanciamo questo appello affinché in tutta la provincia di Caserta si possa comporre un fronte capace di essere all’altezza nel costruire risposte ai bisogni e creare vie di uscita dalla crisi, in autonomia e dal basso, che attraversi i momenti di mobilitazione nazionale, ma che sappia soprattutto costruire qui ed ora ricomposizione, rapporti di forza, riappropriazione, conquista di reddito e liberazione dei nostri bisogni dal ricatto che attanaglia la vita nella mi seria della crisi.