Inoltriamo da Orizzonti Meridiani:
La vicenda di Luca, attivista impegnato da anni nei movimenti romani per il diritto all’abitare, nei confronti del quale la magistratura inquirente dell’antimafia ha chiesto un anno di sorveglianza speciale, non ci lascia del tutto sgomenti.
Non è la prima volta, infatti, che vengono prodotti, in questo paese, teoremi giudiziari con l’unico scopo di delegittimare il conflitto sociale. Ancor di più in una fase come quella che attraversiamo e in piena crisi della politica dei palazzi.
Troppe volte abbiamo visto dissotterrare vecchi dispositivi normativi e norme penale che rievocano, per la specialità che li caratterizza e per la condotta che in esse l’astratto si descrive, scenari di guerra civile: una sentenza che addirittura sussume gli scontri di piazza del 15 ottobre a Roma nel reato di devastazione e saccheggio ha chiaramente l’obiettivo di delegittimare il dissenso, che diventa anche rabbia sociale se non proprio odio di classe.
Giovani e ragazzi, forse anche alle prime manifestazioni di piazza, additati come devastatori e saccheggiatori. Come dire: state lontani dal conflitto; state a casa.
Intanto Taranto, ad esempio, brucia: devastata nella terra, saccheggiata nelle risorse. Si, qui, in questa terra e in tante altre, l’ideologia dello sviluppo industriale ha lasciato un segno che sarà angosciosamente tangibile per molti, molti anni.
Ed ancora, tutte le volte in cui risulta poco conveniente riconoscere una dimensione politica a determinati comportamenti, peraltro diffusi e socialmente rilevanti per la forza dell’immaginario liberatorio che sprigionano, la costruzione di teoremi giudiziali che richiamano condotte puramente delinquenziali diventa uno strumento a disposizione degli apparati di potere (e di cattura) per provare ad arginare quegli stessi comportamenti ed, in genere, intimidire.
Si badi: la macchina che produce emergenza è sempre ben oleata. Nel Sud d’Italia e nei molti sud da noi vissuti e amati, questa ha sempre striato i territori attraverso misure eccezionali quali i decreti emergenziali o l’istituzione di zone militari in ragione del fatto che lo sviluppo capitalistico, lo sfruttamento dell’ambiente, la costruzione di discariche e inceneritori vanno eseguiti anche contro la volontà delle comunità locali. Ecco a voi, la realpolitik! Con buona pace del carrozzone mainstream, tale macchina serve in realtà per controllare e disciplinare la sollevazione dei subalterni: come durante il fascismo il regime narrava la storiella che non ci fosse il dissenso, così oggi si sostiene che l’opposizione alle discariche e agli inceneritori, le lotte contro la centrale biogas nell’alto Casertano e la TAV, la mobilitazione no Mous e i movimenti per il diritto all’abitare, alla libertà di circolazione e al reddito siano opera di una minoranza, di gruppetti di facinorosi, di fuorusciti dalla storia da schedare e sorvegliare addirittura dall’antimafia. Nonostante ciò, la storia dei movimenti mostra ben altro: i subalterni riescono a produrre soggettività e a incarnarsi in altre istituzioni, dove porre in essere altre forme di relazioni sociali oltre lo sviluppo capitalistico e le istituzioni dell’emergenza, oltre la crisi neoliberale e delle forme della rappresentanza.
Attenzione, però, nella vicenda di Luca c’è di più: non c’è la magistratura ordinaria, bensì quella “speciale”, la direzione distrettuale antimafia romana.
Per gli inquirenti antimafia l’impegno di un attivista dentro i movimenti sociali per il diritto all’abitare, l’impegno di persone in carne ed ossa che abitano il proprio territorio in maniera critica, è di stampo mafioso. Tanto da meritare attenzione speciale.
A parte la distorsione ideologica e, quindi, giuridica di una “magistratura speciale”, siamo in presenza di fantasiosi, ma non meno inquietanti, pericolosi e puntuali, tentativi di criminalizzare comportamenti sociali diffusi che esprimono conflittualità e direttamente legati ad un bisogno reale quanto naturale: l’abitare.
Un diritto naturale, quello all’abitare, che trova cittadinanza proprio in quelle pratiche diffuse di riappropriazione dal basso di spazio vitale e giustizia sociale. Pratiche che vanno ben oltre l’azione diretta e che creano comune, impattando le consuetudini dell’ordine discorsivo dominante: la famiglia del Mulino Bianco che ha una casa in affitto o magari una casa di proprietà, in alcuni casi recintata e con telecamera.
La Casa del Mulino Bianco si scontra con la realtà e la durezza della crisi. Ed ecco che il co-housing diventa una piccola materialità; e vivere in case occupate e sottratte alla speculazione diventa un’azione collettiva non più solamente necessaria ma anche una pratica di liberazione.
Grazie anche a Luca e al suo bagaglio di esperienza nella lotta per l’abitare, a Napoli si sta sperimentando da mesi un percorso di riappropriazione chiamato Magnammoce ‘o pesone. Grazie alla moltiplicazioni di lotte per l’abitare, la subalternità non è più subita, dentro i margini dell’assistenzialismo, ma diviene tratto affermativo e costituente per soddisfare il desiderio di vivere una casa e costruire comunità.
Altro che comportamenti mafiosi, qui ad essere colpiti sono esperimenti di vita quotidiana dentro ed oltre la crisi, spazi vitali eterotopi dove si intrecciano esperienze e culture diverse, spazi abitati da indigeni e da donne e uomini che vengono dall’altra sponda del mediterraneo, persone che subiscono anche le rappresaglie delle mafie e che non abitano gli spazi pubblicitari della campagna elettorale.
A Luca la massima solidarietà.
ORIZZONTI MERIDIANI:
– cs Depistaggio -Benevento
– csoa Tempo Rosso – Pignataro
– cs Ex Carcere – Palermo
– LSA Assalto – Cosenza
– ExScuola Canalone – Salerno
– Campagna magnammoce o’ pesone – Napoli
– Zero81 occupato – Napoli
– Quartomondo – Quarto(Na)
– Bancarotta Bagnoli – Napoli
– Coordinamento collettivi autonomi studenteschi- Napoli
– Aula Flex – Università L’Orientale Napoli
– Aula Lp – Università Federico II Napoli
– Rouge Spa – Lioni (AV)