2012 anno di recessione, aumenti e licenziamenti! Costruiamo dal basso la risposta alla crisi della finanza!
VENERDI’ 27 GENNAIO ORE 21,30 PRESSO IL CSOA TEMPO ROSSO DI PIGNATARO MAGGIORE
Anche se ci appare alquanto risaputo e stradetto, ci ritroviamo ad accogliere un 2012 che promette una lunga serie di aumenti e interventi sull’economia del Paese. Il governo dei banchieri di Monti e Napolitano ha messo in campo queste misure scaricando il peso della crisi soprattutto sulle spalle dei proletari, dei lavoratori, dei precari e degli studenti.
Un quadro più che allarmante all’interno del quale, come al solito, i poteri del finanzcapitalismo europeo e mondiale stanno cercando di far gravare il peso della crisi sulle economie che già arrancano e, all’interno dei paesi, sui settori sociali proletari e proletarizzati a causa di salari bassissimi, debiti e crescita dei costi anche relativi a servizi essenziali che gradualmente vengono privatizzati e liberalizzati.
Basta una analisi semplice per capire che questo 2012 non sarà il solito anno di rincari e di “adeguamenti” dei prezzi e delle spese, anzi, si capisce subito che il Governo “tecnico” sta letteralmente cannibalizzando ed espropriando reddito (diretto e indiretto) e, con esso, diritti solo ed esclusivamente ai danni delle classi meno abbienti, dei giovani studenti o precari, dei lavoratori che giorno dopo giorno sono sempre meno garantiti e sotto attacco e di tutta quella miriade di soggetti sfruttati e marginalizzati nonostante la loro centralità nel processo produttivo.
Partendo dall’aumento di tasse, gabelle e fardelli vari, nel nostro paese stiamo assistendo ad un giro di vite che porta una chiara connotazione di classe, ci ritroviamo infatti con una serie di aumenti su tutti i fronti a cominciare da:
- Luce e Gas: Aumentano rispettivamente del 4,9% e del 2,7%. L’AEEG, Autorità per l’Energia Elettrica ed il Gas, ha calcolato che, per una famiglia italiana con consumi medi di energia, i rincari genereranno una maggior spesa annua pari a 22 euro per la luce, ed a 32 euro per il gas.
- Benzina: sono in atto aumenti in tutta Italia, con picchi nelle regioni del Sud e in quelle dove le regioni hanno applicato le addizionali regionali.
- IRPEF: non è stata toccata, ma sono aumentate le aliquote sulle addizionali regionali. Ogni Regione pagherà in modo differente, quindi. Calabria, Campania e Molise saranno quelle che spenderanno di più perché dovranno aggiungere anche uno 0,30% dovuto al deficit sanitario (aliquota complessiva 2.03%).
- Canone RAI: l’importo da pagare per il canone RAI 2012, adeguato all’inflazione, è di 112,00 euro.
- IMU:Se si tratta della prima casa, il Comune potrà calcolare un’aliquota tra lo 0,2 e lo 0,6%. Dall’importo ottenuto, poi, si devono detrarre 200 euro e ulteriori 50 euro per ogni figlio con meno di 26 anni. L’importo massimo detraibile è 600 euro.
E si potrebbe continuare elencando anche i rincari dei beni di prima necessità come il cibo, oppure delle tasse anche sui giochi, le lotterie, l’aumento dei pedaggi autostradali. Tutto ciò è relativo solo agli aumenti del costo complessivo della vita, ma a questa serie di aumenti va aggiunto anche il discorso sulla perdita di un numero imprecisato di posti di lavoro durante tutto il 2012. Qualcuno parla di 300mila posti di lavoro in meno, altri addirittura stimano questa perdita intorno agli 800mila posti di lavoro, preoccupanti sono le vicende Fincantieri e Fiat, o quelle come il recente licenziamento in tronco (via fax)di 239 lavoratrici dell’Omsa. Nel complesso vedremo un aumento di vari punti percentuali del tasso di disoccupazione che potrebbe arrivare intorno al 9%, creando una situazione che certamente si abbatterà con più violenza proprio in ampi settori del meridione.
Perdite che si avvertiranno anche su tutto il territorio della provincia di Caserta dove, tra vertenze storiche come Ixfin e nuove vertenze come la Nuroll di Pignataro, vedremo malauguratamente mettere in strada decine di lavoratori. Tutto ciò è ovviamente reso possibile dalle vigenti leggi che regolano i rapporti di lavoro, ma soprattutto da quelle che sono in cantiere e sulle quali ci sarà da combattere battaglie fondamentali come contro l’abolizione dell’art.18 dello Statuto dei Lavoratori.
Questi i dati, snocciolati velocemente visto che la cosa che più ci premeva e ci preme, come autonomi e antagonisti in provincia di Caserta, è quella di costruire, all’interno di questo allarmante quadro complessivo di recessione, aumenti e licenziamenti, una risposta collettiva e dal basso ai meccanismi di rapina e di sfruttamento che il governo Monti sta mettendo in campo. Ed è proprio in questo scenario che l’adagio “Noi la crisi non la paghiamo!!!” diventa cardine di ogni iniziativa e di ogni sviluppo di analisi.
Non pagare la crisi non è solo uno slogan, ma è una pratica essenziale di lotta e riscatto che cercheremo di costruire sul territorio. L’insolvenza, la riappropriazione degli spazi, del tempo, del reddito, devono essere messi al primo posto nella nostra agenda politica.
Ad oggi centinaia, migliaia di persone sono di fatto insolventi nei confronti di banche e di agenzie come Equitalia o Agenzia delle Entrate, non per un progetto politico definito e definitivo, ma per la realtà contingente della loro situazione economica. Ci troviamo e ci troveremo sempre più di fronte a momenti di conflittualità sociale che prescinde le nostre capacità di creare e organizzare questa rabbia e questi conflitti. Ma questi meccanismi hanno bisogno di una progettualità politica e di un orizzonte ampio che li trasformi in lotte sociali, in rivendicazioni concrete che facciano crescere, alimentino, e diano delle gambe solide ad un movimento ampio di trasformazione sociale.
Siamo consapevoli del fatto che nessuna forza partitica o comunque istituzionale e istituzionalizzata possa dare delle risposte concrete a questa domanda di cambiamento. Crediamo anzi che proprio praticando e alimentando le conflittualità, standoci dentro, si diano i presupposti per la creazione di nuove istituzioni, nate dalle esigenze e dai bisogni spinti dal basso. Per questo non ricerchiamo default controllati o altre forme di riformismo simile, ma lavoriamo affinché la classe-parte degli sfruttati alla quale apparteniamo si ritrovi pronta e compatta per rispondere al meglio agli attacchi che il capitale finanziario ha sferrato alle nostre vite e per rilanciare nella conquista di nuovi diritti.
Le rivolte degli ultimi mesi, dalla Primavera araba, agli UK Riots, alle Acampade spagnole, a piazza Sintagma fino al movimento #Occupy, hanno di nuovo reso palese la crisi degli strumenti e delle strutture di rappresentanza tradizionali, soprattutto all’interno della sinistra partitica, mettendo a nudo l’esigenza, condivisa dalla stragrande maggioranza di quanti sono scesi in piazza e hanno dato vita a conflittualità su vari livelli, di pensare e costruire nuove istituzioni, nate appunto dal basso e sulla scorta dei bisogni reali di questa grande classe (appunto il 99%) che vede al suo interno moti ricompositivi ma che, di sicuro, non vanno nella direzione di partitini e piccole strutture autoreferenziali. Al contrario, le rivolte arabe e le piazze europee e statunitensi, hanno dimostrato proprio questo: gli schemi della rappresentanza politica tradizionale, soprattutto a sinistra, sono saltati e sono stati scavalcati di fatto dalle piazze stesse, che hanno messo in piedi istituzioni nuove, trasversali a questo 99%, mettendo in relazione i bisogni del sottoproletariato e del precariato metropolitano con quelli del ceto medio proletarizzato.
Per questo motivo crediamo che la discussione, l’analisi, la sperimentazione, vada fatta al di là di forme e contenitori già precostituiti, chiusi a riccio, autoreferenziali e in ultima analisi assolutamente non in grado di leggere e alimentare le pulsioni conflittuali che potranno nascere nel nostro paese alla luce delle politiche di impoverimento generale.
In questa ottica costruiremo i nostri percorsi sui territori che ci vedono impegnati con le nostre strutture e i nostri collettivi, agendo da un lato sulle specificità locali come appunto i licenziamenti, la disoccupazione, la difesa dei beni comuni e, dall’altro, cercando di incanalare questa conflittualità all’interno di una visione transazionale e complessiva della risposta e del contrattacco della classe nei confronti della grande economia e dei banchieri.
A questo proposito indichiamo e abbracciamo le date transnazionali del 15 marzo e del 15 maggio 2012, data in cui è previsto il primo Sciopero Generale Mondiale.
Quest’ultimo appuntamento lo costruiremo e attraverseremo consapevoli di sperimentare nuove forme di sciopero precario e metropolitano provando a tradurle nella nostra realtà post-rurale e periferica, ma comunque snodo essenziale di accumulazione e riproduzione del capitale.
Con questo approccio attraverseremo la crisi e la recessione che porterà il 2012, cercando di trasformare la nefasta tendenza di quest’anno sul terreno di una risposta immediata al peggioramento diffuso delle condizioni di vita dettato dalla controparte. Su tutti i territori a partire dalla irriducibile conflittualità tra gli interessi degli sfruttatori e quelli degli sfruttati cercheremo di innescare nuove lotte e nuovi movimenti di riappropriazione e di costruzione di nuove istituzioni autonome, di lotta e dal basso!
Assemblea Autonoma Terra di Lavoro