NOI LA CRISI NON LA PAGHIAMO!!!

L’acuirsi della crisi inizia a scavare nel profondo, modifica gli equilibri, re-impone rapporti di forza sempre più spietati ai danni delle classi meno abbienti e da il via ad un processo di proletarizzazione della classe media. Una crisi che apre le porte ad una profonda trasformazione e ad un partita in cui nuovi equilibri di potere ed economici si determineranno tra le classi.

E’ in questo contesto che governo e opposizione, completamenti assoggettati al diktat della finanza globale, si impegnano nella sola direzione di un drastico taglio della spesa pubblica e alla ristrutturazione dei rapporti di lavoro (vedi la definitiva cancellazione dell’articolo 18). Un attacco quindi portato avanti da organismi finanziari mondiali che elimina ogni sovranità nazionale. Ciò non deve portare a pensare il ritorno a vecchie forme di sovranità nazionale o alla vecchia moneta come possibile uscita dalla crisi. Ma anzi, la crisi deve rappresentare il tempo e lo spazio per sperimentare nuove forme di autogestione ed autonomia che non siano più su una dimensione nazionale, ma che eccedano dai confini e si impongano su scala transazionale sulla base di un programma minimo a partire dal diritto all’insolvenza e dal rifiuto di pagare il debito.

Altro dato palese è la crisi di ogni forma di rappresentanza e di una sempre più marcata distanza tra chi governa e chi è governato. L’assoggettamento bipartisan di maggioranza e opposizione alle politiche di austerity calate dalla Banca Centrale Europea, impongono un rifiuto pieno della rappresentanza e della mediazione (che potrebbe essere solo al ribasso).

Le sollevazioni dei popoli nordafricani, le piazze indignate dell’Europa Mediterranea sono state le prime risposte all’avanzare della crisi e a quella che possiamo considerare la dittatura dei mercati. Piazze in cui il “non ci rappresenta nessuno” e l’argentino “que se vayan todos” sono parole d’ordine imprescindibili. Non da meno la resistenza della ValSusa, che se letta in tutte le sue articolazioni, non è una semplice opposizione ad una grande opera inutile ma una resistenza che incarna in pieno la voglia di un modello altro di sviluppo partendo proprio dal rifiuto di ogni forma di rappresentanza e mediazione.

Questo quadro ci consegna l’impellente bisogno, partendo da una necessaria ricomposizione sociale, di creare un largo fronte, non più solo nazionale ma quanto meno euro-mediterraneo che si opponga all’ennesimo grande attacco ed espropriazione a cui siamo sottoposti. I presupposti ci sono tutti, a partire dalle tante scadenze già in calendario, come la giornata del 15 ottobre lanciata dal movimento degli “indignados” spagnoli e già raccolta da molti paesi. Una giornata che vedrà sollevarsi all’unisono tantissime piazze in tutto il globo, Italia compresa. Così come accogliamo e rilanciamo l’appello per una settimana di mobilitazioni dislocate sui territori dal 7 al 14 ottobre, proprio in vista del 15 ottobre.

DIRITTO ALL’INSOLVENZA

RIFIUTO DEL DEBITO

QUE SE VAYAN TODOS!